Decreto Legislativo n. 231/2001 Responsabilità Amministrativa degli Enti

Novità normative e giurisprudenziali in materia di responsabilità amministrativa degli Enti in riferimento al Decreto legislativo n. 231/2001 

 

Novità normative D.Lgs. n. 231/2001 

 

Il Consiglio dei Ministri n. 24 del 23.1.2020, su proposta del Ministro per gli Affari Europei e del Ministro della Giustizia, ha approvato, in esame preliminare, il Decreto Legislativo di attuazione della Direttiva (UE) 2017/1371, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale.
 
Il Decreto interviene nuovamente in ordine alla disciplina dei reati tributari in ambito di responsabilità amministrativa delle Società per i reati commessi nel loro interesse o vantaggio.
 
Tra le novità più rilevanti contenute nel Decreto:
 
1) si prevede di punire anche le ipotesi di delitto tentato (e non solo consumato) per i reati fiscali che presentano l’elemento della transnazionalità, se l’imposta IVA evasa non sia inferiore a 10 milioni di euro;
 
2) si amplia il catalogo dei reati tributari che danno origine alla responsabilità della Società ai sensi del D. Lgs. n. 231/2001, includendovi i delitti di dichiarazione infedele, di omessa dichiarazione e di indebita compensazione;
 
3) si estende la responsabilità delle Società anche ai delitti di frode nelle pubbliche forniture, al reato di frode in agricoltura (art. 2 della legge n. 898 del 1986) e al reato di contrabbando, modulando la sanzione a seconda che
il reato ecceda o meno la soglia di 100.000 euro;
 
4) si amplia il panorama dei delitti contro la Pubblica Amministrazione di cui possono rispondere le Società, includendovi il delitto di peculato e quello di abuso d’ufficio.
 

Novità giurisprudenziali del D.Lgs. n. 231/2001 

 
Cass., sez. IV, 27 novembre 2019, n. 49775
Quando la violazione antinfortunistica da cui è derivato l’infortunio del lavoratore non risponde ad una prassi consolidata e quindi conosciuta o conoscibile dagli organi apicali dell’azienda, non può sostenersi che tale inosservanza risponda al perseguimento di un interesse o vantaggio in capo all’impresa.
 
Cass., sez. IV, 2 dicembre 2019, n. 48779
La Sezione IV penale della Corte di Cassazione, riprendendo quanto affermato dalle Sezioni Unite n. 38343/2014, ha precisato in un caso di infortunio sul lavoro che ricorre il requisito del vantaggio, allorché la persona fisica, agendo per conto dell’Ente, pur non volendo il verificarsi dell’evento morte o lesioni del lavoratore, ha violato sistematicamente le norme prevenzionistiche e, dunque, ha realizzato una politica d’impresa disattenta alla materia della sicurezza del lavoro, consentendo una riduzione dei costi ed un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto.
 
Cass., sez. III, 15 gennaio 2020, n. 1420
La Sezione III penale della Corte di Cassazione ha ritenuto che la causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131 bis c.p. non è applicabile alla responsabilità amministrativa degli Enti per i fatti commessi nel loro interesse o vantaggio dai soggetti apicali o dai soggetti sottoposti alla loro direzione, in considerazione della differenza esistente tra la responsabilità penale della persona fisica (che, per espressa previsione
legislativa, può essere esclusa nel caso di particolare tenuità del danno e del pericolo provocati dalla condotta, nella concorrenza delle altre condizioni richieste dall’art. 131 bis c.p.) e quella amministrativa dell’Ente.
 
Cass., sez. III, 15 gennaio 2020, n. 1432
La Sezione III penale della Corte di Cassazione ha ritenuto che in tema di responsabilità da reato delle persone giuridiche, la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dell’Ente, in quanto atto di contestazione dell’illecito, interrompe, per il solo fatto della sua emissione, la prescrizione e ne sospende il decorso dei termini fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, come previsto negli artt. 59 e 22, commi 2 e 4 D. Lgs. n. 231/2001.
 
Cass., sez. III, 27 gennaio 2020, n. 3157
La Corte di Cassazione ha ribadito che con riguardo ai reati ambientali di natura colposa, di cui all’art. 25 undecies D. Lgs. n. 231/2001, al pari di quanto ripetutamente affermato dalla giurisprudenza per i reati di lesioni e omicidio colposi aggravati dalla violazione di norme antinfortunistiche, vi è compatibilità logica tra i criteri di “interesse” e “vantaggio” dell’Ente, di cui all’art. 5 D. Lgs. n. 231/2001, e la natura colposa dei reati presupposto, dovendosi riferire tali criteri non alla condotta, bensì all’esito antigiuridico. 
In particolare, nel caso di specie la Corte ha ritenuto che con riguardo alla contravvenzione di superamento dei valori limite nello scarico delle acque reflue industriali (art. 137, comma 5 D. Lgs. n. 152/2006) l’interesse e il vantaggio devono essere individuati sia nel risparmio economico per l’Ente determinato dalla mancata adozione di impianti o dispositivi idonei a prevenire il superamento dei limiti tabellari, sia nell’eliminazione di tempi morti cui la predisposizione e manutenzione di detti impianti avrebbe dovuto dare luogo, con economizzazione complessiva dell’attività produttiva.
 
Cass., sez. IV, 29 gennaio 2020, n. 3731
In tale pronuncia la Corte di Cassazione ha affrontato innanzitutto il tema dell’identificazione dei criteri di “interesse” e “vantaggio” dell’Ente in relazione ai reati di lesioni e omicidio colposi aggravati dalla violazione di norme antinfortunistiche. Al riguardo, la Corte ha riepilogato i principi ormai consolidati in materia, secondo i quali sussiste l’interesse dell’Ente nel caso in cui l’omessa predisposizione dei sistemi di sicurezza determini un risparmio di spesa, mentre si configura il requisito del vantaggio qualora la mancata osservanza della normativa cautelare consenta un aumento della produttività o anche solo la riduzione dei tempi di lavorazione. Fonti di risparmio di spesa che possono costituire il presupposto per l’applicazione dell’art. 5 D. Lgs. n. 231 del 2001, ha ricordato la Suprema Corte, sono anche il risparmio sui costi di consulenza, sugli interventi strumentali, sulle attività di formazione e di informazione del personale ovvero la velocizzazione degli interventi di manutenzione ed il risparmio sul materiale di scarto.
Facendo applicazione di questi principi, nel caso di specie la Corte ha ritenuto non censurabile il giudizio dei giudici territoriali che avevano identificato il vantaggio di spesa per l’Ente nel mancato decremento patrimoniale per l’utilizzo in più occasioni di un solo lavoratore non formato, anziché di una coppia di lavoratori, di cui uno formato.
Nella stessa pronuncia la Corte ha altresì affrontato il tema della verifica che spetta al Giudice di merito in ordine alla adozione ed alla idoneità del Modello Organizzativo. Al riguardo, richiamando il proprio orientamento consolidato, la Cassazione ha ricordato che il Giudice di merito deve procedere secondo le seguenti scansioni logiche e cronologiche:
 
  • prima, accertare l’esistenza o meno di un Modello Organizzativo e di Gestione ex art. 6 D. Lgs. n. 231 del 2001;
  • poi, ove il Modello esista, verificare che lo stesso sia conforme alle norme;
  • infine, accertare che esso sia stato efficacemente attuato o meno nell’ottica prevenzionale, prima della commissione del fatto.
 
Facendo applicazione di questi criteri, nel caso di specie la Corte ha ritenuto corretta la valutazione dei Giudici territoriali sulla inesistenza di un Modello Organizzativo e di Gestione ex artt. 6 D. Lgs. n. 231 del 2001 e 30 D. Lgs. n. 81 del 2008, non potendosi attribuire tale efficacia, contrariamente a quanto sostenuto della difesa, al documento di valutazione del rischio (DVR), che è – scrive testualmente la Cassazione – “cosa diversa dal richiamato modello organizzativo”.
 
a cura di
Avv. PhD Antonio F. Morone – a.morone@studiolegalemorone.it
Avv. Roberto Impeduglia –  r.impeduglia@studiolegalemorone.it
 
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