In questo tempo così vuoto – ma anche così pieno – la formazione sta cambiando.
I corsi di aggiornamento sono più brevi ma più intensi, perché siamo noi e il video che stiamo guardando.
E’ come se il docente fosse lì soltanto per noi, in una relazione biunivoca. Guardare lo schermo e sapere con maggiore certezza quanto durerà la formazione ci aiuta ad essere più concentrati e produttivi, perché una volta superate le difficoltà di connessione i tempi vengono rispettati molto di più che nella formazione “dal vivo”.
E anche l’inizio della lezione è sempre puntuale: non c’è il quarto d’ora accademico, ma anzi ci si trova prima in sala d’attesa o si prova prima la connessione per essere sicuri di non perdersi l’inizio.
Per i docenti non è stato così facile. Innanzitutto è stato necessario acquisire molto velocemente nuove
competenze digitali ed imparare nuovi programmi, gestire documenti in cloud e condividerli. E ancora più
che in aula è importante gestire il tempo, le domande, le pause … o le “non pause”, perché nella maggior
parte dei casi non vi sono momenti di interruzione.
I docenti hanno dovuto acquisire competenze gestionali ed organizzative da mettere in campo sia prima sia durante l’intervento, perché nella “diretta” può capitare un po’ di tutto.
Credo però che la difficoltà più grande sia stata abituarsi a parlare con un video e non con delle persone in
carne e ossa, anche se si sa che dall’altra parte ci sono delle persone. Non sentire la voce delle persone
quando fanno le domande ma rispondere alle domande in chat, che non sempre si comprendono e non
sempre sono domande. Abituarsi a ricevere apprezzamenti con like o ad accettare interventi con manine
che si alzano.
E forse anche trasmettere dalla propria abitazione, perché il Coronavirus ci ha tenuto lontani ma allo
stesso tempo ci ha avvicinato perché ci fatto conoscere le nostre case, il nostro modo di vivere.
Questa full immersion in nuove modalità formative può aiutarci a ripensare la formazione.
Innanzitutto abbiamo capito che è sicuramente più produttivo un intervento formativo più breve ma concentrato,
che non si perde in nozioni e tempi superflui.
Per facilitare le interazioni potrebbe essere molto utile predisporre prima le slides ed utilizzare il tempo dell’intervento per discutere sull’argomento, con i partecipanti già un po’ preparati e magari riuniti in “sottostanze” per farli lavorare in gruppi più piccoli. Una formazione che non cade dall’alto ma è co-costruita in un rapporto dialettico, soprattutto se tra pari come in ambito professionale. Una formazione esperienziale, anche se mediata dal web. Una formazione che non è solo una raccolta di crediti per ottemperare un obbligo legislativo.
Certo, non è facile favorire l’interazione in assenza di presenza fisica. Tutto è più freddo e meccanico, però questa esperienza forzata di trasmissione dalle nostre abitazioni ci ha reso più umani, più vicini, più vulnerabili tutti.
E più disponibili alla collaborazione, alla comprensione dell’altro, alla condivisione del sapere. Cogliere questi aspetti può essere molto utile per pensare alla formazione del futuro.
Una formazione che ci porterà a competenze tecniche e trasversali che saranno sempre più necessarie per
affrontare l’inevitabile cambiamento che ci aspetta.
a cura di Emanuela Barreri
Originariamente pubblicato il 20 Aprile su Ratio Quotidiano
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