Valutare la crescita, il fatturato non basta più

Alcune settimane fa durante un convegno si discuteva della crescita delle aziende piemontesi e veniva individuato come elemento di riferimento il fatturato. I risultati erano deludenti poiché i fatturati delle aziende piemontesi risultavano essere inferiori al periodo pre-pandemia, e l’ovvia conclusione è stata che non essendo cresciuto il fatturato vi è crisi diffusa.

 

In apparenza il ragionamento non fa una grinza ma durante tutto il convegno mi sono chiesta se il fatturato di un’azienda è ancora l’unico valore a cui fare riferimento per valutare la crescita di un’azienda.

 

Non ne sono più convinta. Innanzitutto va valutata la marginalità. Si può avere un fatturato più basso e guadagnare di più. Può sembrare strano ma nel periodo della pandemia abbiamo imparato a produrre comunque, risparmiando sui costi e efficientando i processi, e alcune aziende hanno chiuso in utile.

In conseguenza della guerra in Ucraina abbiamo adottato con urgenza comportamenti energeticamente sostenibili, che ci porteranno a consumare di meno. Faremo più attenzione ai nostri consumi, risparmieremo ed efficienteremo nuovamente i processi.

Ma non c’è neppure solo la marginalità per valutare la crescita di un’azienda o di un paese.

 

La crescita va valutata in termini di impatto e di ricaduta sui fattori che hanno contribuito alla produzione di valore, in base alle scelte imprenditoriali che sono state fatte nei confronti dell’ambiente e delle persone.

I nuovi modelli economici sono sicuramente indirizzati al profitto e alla marginalità ma mettono sullo stesso piano anche la sostenibilità ambientale e sociale, perché il profitto che ne residua è un profitto “buono”, che va a remunerare gli azionisti ma che è stato ottenuto nel rispetto dei temi etici ambientali e sociali ormai ineludibili.

 

Ed è proprio per questo motivo che il fatturato non può più essere l’unico indicatore di crescita e può addirittura essere ingannevole.

 

Un’azienda che cresce di fatturato ma non rispetta il territorio o le persone non è un’azienda che è cresciuta, perché è cresciuta solo nei numeri ma non nel valore generato.

Gli imprenditori dovrebbero sempre chiedersi quali sono i tipi di impatto che vogliono generare e la crescita delle loro aziende dovrebbe essere valutata per questi impatti, per il valore creato a favore dell’ambiente, del territorio e delle persone.

Sotto il profilo ambientale sono centrali i grandi temi del cambiamento climatico, dell’economia circolare e dell’uso e riuso dei materiali, del risparmio energetico e dell’uso di fonti rinnovabili. Tutti temi che hanno anche una rilevanza economica, perché con l’economia circolare i rifiuti da costo diventano opportunità di ricavo e il risparmio energetico consente di contenere i costi.

 

E poi c’è il grande tema delle persone, del rispetto dei diritti umani, la tutela della fragilità delle persone, la tutela delle minoranze, la parità di genere, il benessere lavorativo.

 

Dare importanza all’ambiente di lavoro, favorire un ambiente in cui ci realizziamo come persone, far crescere le persone attraverso la loro identità lavorativa: questa è crescita aziendale.

 

E questi concetti vanno bene per la grande azienda ma anche per la piccola, non necessariamente deve esserci un consiglio di amministrazione, può esserci anche solo una singola persona alla guida dell’azienda.

L’importante è che chi sta creando valore si chieda per chi sta creando quel valore, inserendo negli obiettivi della propria azienda i temi dell’ambiente e delle persone. E che il valore creato venga valutato non solo in termini quantitativi di fatturato ma anche per “come” quel fatturato è stato ottenuto.

Con nuovi indicatori, perché il fatturato per valutare la crescita non basta più.

Articolo di Emanuela Barreri originariamente pubblicato su Ratio Quotidiano il 27/4/2022 

Image by rawpixel.com

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