Quali sono i confini tra caratteristiche personali e stile di leadership di ciascuno di noi? E quanto sono importanti e legati tra loro la fiducia che nutriamo verso noi stessi, la fiducia che riponiamo nei nostri collaboratori e il livello di controllo che esercitiamo quotidianamente?
Da sempre i temi della fiducia e della connessa autonomia e libertà di azione dei collaboratori sono oggetto di analisi e discussione, ma col passaggio allo smart working il dibattito si è amplificato ed è ormai all’ordine del giorno sentire dire che ci si deve fidare di più e controllare di meno.
Purtroppo non è però così facile esercitare meno controllo, soprattutto se caratterialmente non siamo portati a fidarci degli altri e ci fidiamo solo di noi stessi e del nostro modo di lavorare.
Eppure un bravo leader si riconosce sia dall’essere in grado di ottenere la fiducia dei propri collaboratori sia dall’essere in grado di dare la propria fiducia, in modo da consentire l’espressione del potenziale di ognuno in un circolo virtuoso di crescita personale e di gruppo. La fiducia accordata agisce come fattore motivante, che spinge le persone a dare il meglio di sé.
E’ ormai impossibile tenere tutto sotto controllo perché ci sono troppe cose da fare rispetto al passato, anche nelle attività ed organizzazioni di piccole dimensioni. Grazie alla tecnologia abbiamo un’enorme quantità di informazioni e di dati molto utili, che però sono da gestire, analizzare ed organizzare. Non è più possibile fare tutto da soli e quindi dare fiducia, esercitando meno controllo, diventa indispensabile.
Per dare fiducia è però necessario accettare dei rischi, accettare di usciere dalla zona di confort in ci facciamo noi le cose esattamente come vogliamo che vengano fatte.
Partendo dalle considerazioni di Rafael Echeverria possiamo affermare che la fiducia si basa su tre fattori: la sincerità, la competenza e l’affidabilità.
Siamo quindi portati a fidarci di un collaboratore se è sincero, preparato e mantiene gli impegni presi.
La sincerità e l’affidabilità sono qualità personali, che possono essere stimolate ed attivate e che dipendono però spesso anche dalla relazione tra leader e collaboratore, dai reciproci atteggiamenti.
La competenza è altrettanto fondamentale, per cui è molto importante scegliere persone che siano competenti, cioè che possiedano e sappiano applicare quel complesso di conoscenze necessarie per svolgere un determinato lavoro.
Ed è altrettanto importante far sì che le persone, attraverso una formazione continua, mantengano ed accrescano le proprie competenze in un mondo lavorativo che cambia continuamente e ci impone di cambiare con lui.
Come sviluppare la nostra leadership e provare a fidarci di più, controllando meno?
Lavorando su noi stessi, formandoci e formando i nostri collaboratori. Accrescendo le nostre competenze tecniche ma soprattutto le nostre competenze trasversali, le c.d. “soft skills”: in primis, comprensione dell’altro ed empatia, competenze relazionali e comunicative, lavoro di gruppo e accettazione del cambiamento.
Ricordandoci che per dare fiducia non è sufficiente cambiare i nostri comportamenti ma è necessario che cambi il nostro “sentire” interiore. Se non cambiamo dentro di noi ma cambiamo solo il nostro modo di comportarci avremo dei risultati finti e transitori, che funzioneranno – nella migliore delle ipotesi – solo per poco tempo e non daranno i risultati in termini di cambiamento sostanziale che vogliamo.
Articolo di Emanuela Barraeri originariamente pubblicato su Ratio Quotidiano 1-09-2021
Image by Rawpixel